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lunedì 21 dicembre 2015

Six years ago in a galaxy far far away...

6 anni fa, in una stanza d'ospedale, sembra un'altra galassia, un universo parallelo; un silenzio innaturale ghigliottina fuori il mondo e le sue assurde priorità. Dalla finestra vicino al letto sebbene non possa alzarmi, si vede la prima neve della stagione ricoprire con perseveranza i contorni della città, sembra ribadire che per un po' nulla esisterà più come prima, scomparirà dagli occhi e dalla mente per catapultarmi nella quarta dimensione, quella dell'intimità dei vissuti e delle relazioni. La neve si scioglierà poco alla volta nel corso della vita quotidiana, riportando alla luce il resto, ma questo avverrà piano, piano fuori da lì.

il Risveglio della Forza ha inizio in quel preciso momento in cui "il prima" viene sepolto.

Diventare madre è un passaggio graduale, un risveglio, a volte brusco altre più dolce, che lentamente conduce alla scoperta di parti di sé sconosciute e al ritrovo di quelle abbandonate.
La nascita del mio primo bimbo mi ha posto di fronte ai diversi miei limiti, soprattutto quelli legati all'accettazione di lasciar andare le cose come vanno.
Con la prima maternità le mie aspettative e la volontà di aver tutto sotto controllo si sono subito scontrate con la realtà.
Desideravo fortemente partorire in casa e tenermi il più possibile a distanza dall'ingerenza di interventi medici non graditi. Poco prima della realizzazione, i miei sogni sono però capitolati di fronte all'evidenza dell'impossibilità: non ero da sola a condurre i giochi, dall'interno del mio pancione si stabilizzava, per volontà o per  una congiuntura sfavorevole, una situazione che metteva in discussione tutti i progetti accuratamente programmati.
Non è stato facile accettare.
Se l'idea di partorire fisiologicamente non mi preoccupava troppo, la prospettiva di un cesareo invece mi terrorizzava.
Ho dovuto superare. Ho dovuto prendere le mie certezze faticosamente acquisite e difese, e metterle da parte.
Non era possibile fare diversamente, ma bisognava comunque cogliere il meglio.
Il meglio era averlo tra le braccia, sano, bello e mistico.
Ma con un enorme delusione da consolare.
La delusione di non aver potuto fare a modo mio: non ho "sentito" quando lo hanno fatto uscire, non ho potuto stringerlo per prima, ma solo vederlo di sfuggita, ho avuto tante difficoltà con l'allattamento, il dolore post operazione mi è sembrato insopportabile ed eterno e ho dovuto sostenere il peso di tanta gente intorno infastidita dalla mia frustrazione e che non aveva difficoltà a farmelo intendere!
Ma quello che abbiamo nella testa e nel cuore lo conosciamo solo noi.
Perché i sentimenti personali sono il frutto di una storia, la nostra. 
Nessuno può riuscire a giudicare dall'esterno, può condividere o non condividere, ma non può definire la pertinenza o meno di un sentimento.
Di quel Natale ricordo che nonostante avessi il mio bimbo fra le braccia, mi sentivo smarrita, perché coglievo una imprevista fragilità in questo nuovo ruolo che da pochi giorni mi apparteneva in modo tangibile e che da subito mi imponeva lo sforzo di abbandonare le mie verità, per farle rinascere all'interno di una relazione sotto la nuova veste di compromesso.
Solo col tempo ho capito essere un dono della maternità.
Pagato il prezzo di starci male (il grande tabù odierno: una mamma DEVE essere felice SEMPRE) si scorgono inaspettati punti di vista, si valutano prospettive insolite attraverso cui guardare ai fatti e si accettano gli epiloghi differenti, che dalla nascita via via crescendo, i figli ci chiedono di inventare, costruendo percorsi di vita veri e non preconfezionati.
La maternità, giorno dopo giorno, è per me il risveglio di questa forza.
La forza di perdersi  nell'inatteso ogni volta con un briciolo di maggior fiducia in me.

La Galassia Vortice vista sia in ottico (rosso, verde e blu) che in raggi X (viola).
Crediti: NASA/CXC/Wesleyan Univ./R.Kilgard, et al; NASA/STScI

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