- Mamma, c'è da bagnare l'erba!
Abbiamo un nuovo prato, un prato a rotoli: ora la nostra erba è più verde di quella del vicino.
- No, perché? chi l'ha detto?
- Papà.
Già lui. Lui ha una recente ossessione per l'erba del nostro minuscolo giardino.
- A me papà ha detto che se pioveva, si poteva evitare.
- Sì, ma son venute giù due gocce!
Ha ragione.
- Cavoli, ormai non te la si può più fare a te
- No
- ...e come mai DoppiaEmme te la fa ancora?
DoppiaEmme è il bambino terribile che nessuno vorrebbe incontrare sulla propria strada. Invece tutti ne abbiamo uno/una nella nostra vita di fanciulli
- Forse perché MM lo conosco da pochi mesi
- Ahhhh invece a me mi conosci da un po' di tempo...
- sei anni e mezzo
- Beh più i 9 mesi di gravidanza, non ce li vogliamo mettere?
- ah già. Ma son noiosi.
- come noiosi? Per me son stati bellissimi! Tu ti sei annoiato?
- vedi un po' te...vorrei vedere se per te è divertente stare essere legato in una caverna.
Reminescenze dalla vita precedente, la vita che precede la nascita.
Semola all'ecografia dell'ottavo mese, si presenta podalico, stravolgendo un bel po' i miei piani di parto, completamente legato e famelico di esperienza, aspettava annoiato che qualcuno venisse a slegarlo!
mercoledì 1 giugno 2016
mercoledì 18 maggio 2016
Passeggiando in bicicletta...
Le biciclettate nella natura, come i viaggi in macchina, stimolano conversazioni profonde.
E' la dimensione del viaggio che libera il pensiero dalle briglie domestiche, permettendogli di "spaziare" verso gli orizzonti tracciati dalle nuove connessioni sinaptiche.
Qualche sabato fa abbiamo pedalato tra le acacie fiorite lungo la Dora, sullo sfondo, un elemento insolito, ma a suo modo integrato nel paesaggio: stagliata netta, la linea della tangenziale, percorsa dalla fila di automobili che si rincorrono all'infinito, ma rese inaspettatamente mute dalla distanza e dal cinguettio che sovrasta il rombo dei motori.
E' la dimensione del viaggio che libera il pensiero dalle briglie domestiche, permettendogli di "spaziare" verso gli orizzonti tracciati dalle nuove connessioni sinaptiche.
Qualche sabato fa abbiamo pedalato tra le acacie fiorite lungo la Dora, sullo sfondo, un elemento insolito, ma a suo modo integrato nel paesaggio: stagliata netta, la linea della tangenziale, percorsa dalla fila di automobili che si rincorrono all'infinito, ma rese inaspettatamente mute dalla distanza e dal cinguettio che sovrasta il rombo dei motori.
sabato 30 aprile 2016
Il lavoro nasce sotto i cavoli
I bambini non sono creature programmabili e la loro imprevedibilità, spesso, ci fa traballare.
Inseguendo nel bosco il sentiero delle primule e violette, col respiro affannato per la dolce salita, ma rigenerato dalla brezza marina che sull'Appennino si mescola con quella collinare, guidati da gorgheggi e cinguettii, quando meno te lo aspetti, il seienne ti infila lì una domanda esistenziale.
Inseguendo nel bosco il sentiero delle primule e violette, col respiro affannato per la dolce salita, ma rigenerato dalla brezza marina che sull'Appennino si mescola con quella collinare, guidati da gorgheggi e cinguettii, quando meno te lo aspetti, il seienne ti infila lì una domanda esistenziale.
giovedì 24 marzo 2016
Six degrees
Six degrees. Sei gradi, forse meno. Non ci ho dormito per una notte.
Si dice che ciascuno di noi sia collegato a qualsiasi altra persona da una catena di relazioni di non più di cinque intermediari.
Sei gradi separano me, da chi si è appropriato (indebitamente) del mio ombrello.
Ma perché siamo così attaccati alle cose?
Forse perché spesso siamo noi ad appartenergli, e non il contrario.
Un pezzo di me se ne è andato con l'ombrellino, ricordo del matrimonio.
Che sensibile incastro di congiunture favorevoli è un matrimonio, a partire dal giorno della celebrazione.
L'estate che l'ha preceduto è stata secca, afosa, innaturalmente arida, tranne quella data.
Man mano che ci si avvicinava, le previsioni non lasciavano scampo, man mano che arrivava il momento, anzi, le previsioni peggioravano.
Sposa bagnata, sposa fortunata! - mi son detta e così mi hanno ripetuto per tutto il giorno anche i bagnati, seppur gaudenti, invitati.
Il mio ombrellino ha una storia. Che si intreccia con la mia, in uno dei giorni più emozionanti.
Mi si stringe il cuore a saperlo chissà dove, chissà con chi. Gettato nell'angolo di un androne, tra odori e suoni sconosciuti. A ricominciare la sua storia.
Sarà degna di lui? Chissà se possono immaginare cosa rappresentasse per me?
Non era di valore, un acquisto al mercato, ma la proprietaria del banco, nel consigliarmi aveva partecipato ai miei preparativi. Noi donne, siamo così: un'innato spirito competitivo ci spinge a farci la guerra per lo sguardo di un uomo, ma nei vissuti su cui fantastichiamo sin da bambine, prevale la sorellanza e partecipiamo con i sentimenti, anche da estranee.
Dopo lunga ponderazione, dopo calorosi auguri di venditrice e passanti "dai, magari non piove", sono tornata a casa con quello che mi sembrava l'unico ombrello in grado di essermi di riparo in caso le tempeste più turbolente si fossero abbattute su di me, a partire da quel giorno speciale.
A casa l'ho riposto con cura in un angolo lontano dai possibili attacchi dei curiosi più piccini, insieme al suo compagno, l'ombrello del futuro consorte, in attesa delle nozze.
Non nego di aver sperato fino all'ultimo in un cielo sereno, ma quando, uscendo dal portone, dopo mesi di sole, si è scaricato il finimondo, alla fine mi son sorpresa a pensare: "...almeno userò il mio ombrellino".
Il pensiero mi ha consolato.
E la festa è stata perfetta, non avrei potuto chiedere di più.
Six degrees, caro sconosciuto-ruba ombrelli.
Siamo più vicini di quanto tu possa immaginare.
Sarai proprio tu a riconsegnare l'ombrellino nelle mie mani, e finalmente io mi riconsegnerò alla sua protezione, quella della sua ampia tesa fiorata e quella del bel ricordo vissuto.
Non posso sapere quando accadrà di imbatterci l'uno nell'altra e ci sorprenderà il dove, ma sarà sicuramente un giorno felice, di pioggia.
Si dice che ciascuno di noi sia collegato a qualsiasi altra persona da una catena di relazioni di non più di cinque intermediari.
Sei gradi separano me, da chi si è appropriato (indebitamente) del mio ombrello.
Ma perché siamo così attaccati alle cose?
Forse perché spesso siamo noi ad appartenergli, e non il contrario.
Un pezzo di me se ne è andato con l'ombrellino, ricordo del matrimonio.
Che sensibile incastro di congiunture favorevoli è un matrimonio, a partire dal giorno della celebrazione.
L'estate che l'ha preceduto è stata secca, afosa, innaturalmente arida, tranne quella data.
Man mano che ci si avvicinava, le previsioni non lasciavano scampo, man mano che arrivava il momento, anzi, le previsioni peggioravano.
Sposa bagnata, sposa fortunata! - mi son detta e così mi hanno ripetuto per tutto il giorno anche i bagnati, seppur gaudenti, invitati.
Il mio ombrellino ha una storia. Che si intreccia con la mia, in uno dei giorni più emozionanti.
Mi si stringe il cuore a saperlo chissà dove, chissà con chi. Gettato nell'angolo di un androne, tra odori e suoni sconosciuti. A ricominciare la sua storia.
Sarà degna di lui? Chissà se possono immaginare cosa rappresentasse per me?
Non era di valore, un acquisto al mercato, ma la proprietaria del banco, nel consigliarmi aveva partecipato ai miei preparativi. Noi donne, siamo così: un'innato spirito competitivo ci spinge a farci la guerra per lo sguardo di un uomo, ma nei vissuti su cui fantastichiamo sin da bambine, prevale la sorellanza e partecipiamo con i sentimenti, anche da estranee.
Dopo lunga ponderazione, dopo calorosi auguri di venditrice e passanti "dai, magari non piove", sono tornata a casa con quello che mi sembrava l'unico ombrello in grado di essermi di riparo in caso le tempeste più turbolente si fossero abbattute su di me, a partire da quel giorno speciale.
A casa l'ho riposto con cura in un angolo lontano dai possibili attacchi dei curiosi più piccini, insieme al suo compagno, l'ombrello del futuro consorte, in attesa delle nozze.
Non nego di aver sperato fino all'ultimo in un cielo sereno, ma quando, uscendo dal portone, dopo mesi di sole, si è scaricato il finimondo, alla fine mi son sorpresa a pensare: "...almeno userò il mio ombrellino".
Il pensiero mi ha consolato.
E la festa è stata perfetta, non avrei potuto chiedere di più.
Six degrees, caro sconosciuto-ruba ombrelli.
Siamo più vicini di quanto tu possa immaginare.
Sarai proprio tu a riconsegnare l'ombrellino nelle mie mani, e finalmente io mi riconsegnerò alla sua protezione, quella della sua ampia tesa fiorata e quella del bel ricordo vissuto.
Non posso sapere quando accadrà di imbatterci l'uno nell'altra e ci sorprenderà il dove, ma sarà sicuramente un giorno felice, di pioggia.
giovedì 17 marzo 2016
Nei luoghi dell'attesa
Siamo una specie complessa noi esseri umani e per una sorta di trasposizione dal particolare al generale, ci è piaciuto complicare anche la realtà in cui viviamo.
Per esempio abbiamo creato luoghi per ogni situazione/evenienza.
La casa, estensione del nostro essere, cuccia di pace, più spesso campo di aspre battaglie, purtroppo non si può condurre a spasso come il guscio della lumaca e così ci siamo ingegnati.
Per esempio abbiamo creato luoghi per ogni situazione/evenienza.
La casa, estensione del nostro essere, cuccia di pace, più spesso campo di aspre battaglie, purtroppo non si può condurre a spasso come il guscio della lumaca e così ci siamo ingegnati.
giovedì 25 febbraio 2016
Il tesoro è sulla X
Da quando per casa circolano terribili pirati che nascondono i loro tesori negli anfratti più reconditi descrivendone la segreta ubicazione in geroglifiche mappe, la X è diventata simbolo indiscusso di inestimabili fortune.
Infatti anche per me, l'arrivo sulla X, a cui mi ha condotto questo fruttuoso week end, mi ha fatto riscoprire antichi tesori, sepolti sotto i miei occhi, da tempo incapaci di scorgerli.
La X di cui parlo è quella con cui è stata etichettata la mia generation ed in particolare l'adolescenza di quelli della mia generation, ovvero i quasi-quarantenni-barra-cinquantenni di oggi.
Infatti anche per me, l'arrivo sulla X, a cui mi ha condotto questo fruttuoso week end, mi ha fatto riscoprire antichi tesori, sepolti sotto i miei occhi, da tempo incapaci di scorgerli.
La X di cui parlo è quella con cui è stata etichettata la mia generation ed in particolare l'adolescenza di quelli della mia generation, ovvero i quasi-quarantenni-barra-cinquantenni di oggi.
sabato 6 febbraio 2016
C'era una mamma e c'era un pancione
A Chupito per il suo quarto compleanno:
C'era una mamma e c'era un pancione,
lui lievitava e lei svolazzava.
Per nove mesi, stretti abbracciati,
prima tocchi di piuma, poi calci ben dati.
mercoledì 20 gennaio 2016
L'autunno e i suoi colori
Anche l'autunno della vita ha le sue luci, quelle luci che non hanno le altre stagioni. Joseph Joubert
L'autunno 2015 è stato davvero mite. Anche questo inverno lo è abbastanza (fino a oggi che fa freddissimo!!!), ma non è altrettanto luminoso e colorato.
giovedì 24 dicembre 2015
Gli auguri farlocchi
Sono molto "desperate housewife", ma son gli auguri che mi venivano questo Natale!
:)
E vai di lavatrici!
lunedì 21 dicembre 2015
Six years ago in a galaxy far far away...
6 anni fa, in una stanza d'ospedale, sembra un'altra galassia, un universo parallelo; un silenzio innaturale ghigliottina fuori il mondo e le sue assurde priorità. Dalla finestra vicino al letto sebbene non possa alzarmi, si vede la prima neve della stagione ricoprire con perseveranza i contorni della città, sembra ribadire che per un po' nulla esisterà più come prima, scomparirà dagli occhi e dalla mente per catapultarmi nella quarta dimensione, quella dell'intimità dei vissuti e delle relazioni. La neve si scioglierà poco alla volta nel corso della vita quotidiana, riportando alla luce il resto, ma questo avverrà piano, piano fuori da lì.
il Risveglio della Forza ha inizio in quel preciso momento in cui "il prima" viene sepolto.
Diventare madre è un passaggio graduale, un risveglio, a volte brusco altre più dolce, che lentamente conduce alla scoperta di parti di sé sconosciute e al ritrovo di quelle abbandonate.
La nascita del mio primo bimbo mi ha posto di fronte ai diversi miei limiti, soprattutto quelli legati all'accettazione di lasciar andare le cose come vanno.
Con la prima maternità le mie aspettative e la volontà di aver tutto sotto controllo si sono subito scontrate con la realtà.
Desideravo fortemente partorire in casa e tenermi il più possibile a distanza dall'ingerenza di interventi medici non graditi. Poco prima della realizzazione, i miei sogni sono però capitolati di fronte all'evidenza dell'impossibilità: non ero da sola a condurre i giochi, dall'interno del mio pancione si stabilizzava, per volontà o per una congiuntura sfavorevole, una situazione che metteva in discussione tutti i progetti accuratamente programmati.
Non è stato facile accettare.
Se l'idea di partorire fisiologicamente non mi preoccupava troppo, la prospettiva di un cesareo invece mi terrorizzava.
Ho dovuto superare. Ho dovuto prendere le mie certezze faticosamente acquisite e difese, e metterle da parte.
Non era possibile fare diversamente, ma bisognava comunque cogliere il meglio.
Il meglio era averlo tra le braccia, sano, bello e mistico.
Ma con un enorme delusione da consolare.
La delusione di non aver potuto fare a modo mio: non ho "sentito" quando lo hanno fatto uscire, non ho potuto stringerlo per prima, ma solo vederlo di sfuggita, ho avuto tante difficoltà con l'allattamento, il dolore post operazione mi è sembrato insopportabile ed eterno e ho dovuto sostenere il peso di tanta gente intorno infastidita dalla mia frustrazione e che non aveva difficoltà a farmelo intendere!
Ma quello che abbiamo nella testa e nel cuore lo conosciamo solo noi.
Di quel Natale ricordo che nonostante avessi il mio bimbo fra le braccia, mi sentivo smarrita, perché coglievo una imprevista fragilità in questo nuovo ruolo che da pochi giorni mi apparteneva in modo tangibile e che da subito mi imponeva lo sforzo di abbandonare le mie verità, per farle rinascere all'interno di una relazione sotto la nuova veste di compromesso.
Solo col tempo ho capito essere un dono della maternità.
Pagato il prezzo di starci male (il grande tabù odierno: una mamma DEVE essere felice SEMPRE) si scorgono inaspettati punti di vista, si valutano prospettive insolite attraverso cui guardare ai fatti e si accettano gli epiloghi differenti, che dalla nascita via via crescendo, i figli ci chiedono di inventare, costruendo percorsi di vita veri e non preconfezionati.
La maternità, giorno dopo giorno, è per me il risveglio di questa forza.
La forza di perdersi nell'inatteso ogni volta con un briciolo di maggior fiducia in me.
il Risveglio della Forza ha inizio in quel preciso momento in cui "il prima" viene sepolto.
Diventare madre è un passaggio graduale, un risveglio, a volte brusco altre più dolce, che lentamente conduce alla scoperta di parti di sé sconosciute e al ritrovo di quelle abbandonate.
La nascita del mio primo bimbo mi ha posto di fronte ai diversi miei limiti, soprattutto quelli legati all'accettazione di lasciar andare le cose come vanno.
Con la prima maternità le mie aspettative e la volontà di aver tutto sotto controllo si sono subito scontrate con la realtà.
Desideravo fortemente partorire in casa e tenermi il più possibile a distanza dall'ingerenza di interventi medici non graditi. Poco prima della realizzazione, i miei sogni sono però capitolati di fronte all'evidenza dell'impossibilità: non ero da sola a condurre i giochi, dall'interno del mio pancione si stabilizzava, per volontà o per una congiuntura sfavorevole, una situazione che metteva in discussione tutti i progetti accuratamente programmati.
Non è stato facile accettare.
Se l'idea di partorire fisiologicamente non mi preoccupava troppo, la prospettiva di un cesareo invece mi terrorizzava.
Ho dovuto superare. Ho dovuto prendere le mie certezze faticosamente acquisite e difese, e metterle da parte.
Non era possibile fare diversamente, ma bisognava comunque cogliere il meglio.
Il meglio era averlo tra le braccia, sano, bello e mistico.
Ma con un enorme delusione da consolare.
La delusione di non aver potuto fare a modo mio: non ho "sentito" quando lo hanno fatto uscire, non ho potuto stringerlo per prima, ma solo vederlo di sfuggita, ho avuto tante difficoltà con l'allattamento, il dolore post operazione mi è sembrato insopportabile ed eterno e ho dovuto sostenere il peso di tanta gente intorno infastidita dalla mia frustrazione e che non aveva difficoltà a farmelo intendere!
Ma quello che abbiamo nella testa e nel cuore lo conosciamo solo noi.
Perché i sentimenti personali sono il frutto di una storia, la nostra.Nessuno può riuscire a giudicare dall'esterno, può condividere o non condividere, ma non può definire la pertinenza o meno di un sentimento.
Di quel Natale ricordo che nonostante avessi il mio bimbo fra le braccia, mi sentivo smarrita, perché coglievo una imprevista fragilità in questo nuovo ruolo che da pochi giorni mi apparteneva in modo tangibile e che da subito mi imponeva lo sforzo di abbandonare le mie verità, per farle rinascere all'interno di una relazione sotto la nuova veste di compromesso.
Solo col tempo ho capito essere un dono della maternità.
Pagato il prezzo di starci male (il grande tabù odierno: una mamma DEVE essere felice SEMPRE) si scorgono inaspettati punti di vista, si valutano prospettive insolite attraverso cui guardare ai fatti e si accettano gli epiloghi differenti, che dalla nascita via via crescendo, i figli ci chiedono di inventare, costruendo percorsi di vita veri e non preconfezionati.
La maternità, giorno dopo giorno, è per me il risveglio di questa forza.
La forza di perdersi nell'inatteso ogni volta con un briciolo di maggior fiducia in me.
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La Galassia Vortice vista sia in ottico (rosso, verde e blu) che in raggi X (viola). Crediti: NASA/CXC/Wesleyan Univ./R.Kilgard, et al; NASA/STScI |
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