Certamente di per sé nascere non deve essere un esercizio dei più semplici e scontati, ma la mia rabbia non è legata a quel momento. A dire la verità, anzi, ero una neonata longilinea (2750 gr. per 48 cm) ma in forma; il mio Apgar dimostra chiaramente che a sessanta secondi dalla mia entrata in scena, me la passavo piuttosto bene in termini di salute, punteggio 9, e scusate se e’ poco!
Presumibilmente quindi una nascita serena e piena di buone prospettive, almeno dal mio punto di vista. La stessa cosa non si poteva certo dire della mia mamma, che pur essendo al secondo figlio ne usciva alquanto provata e piuttosto malconcia!
Non certo per causa mia!
Piuttosto, a mio parere, per quell'insana mania di certo personale medico di voler intervenire nel corso degli eventi sostituendosi a Madre Natura, sollecitando “brutalmente” un parto che non sarebbe dovuto part…ire in quel momento!
La colpa del nostro insieme mamma-bimba era di essere in ritardo di quattro giorni rispetto alla data presunta e in un mondo che si avviava a vivere gli efficienti anni ottanta questo era già un difetto da correggere, un problema dove intervenire.
Ma fosse stato solo questo il mio impatto col fuori! Si sarebbe risolto presto e con pochi danni.
Cosa ha interrotto bruscamente la dolcezza e la serenità che ci si aspetta di trovare durante la giornata di avvio al proprio progetto di vita?
Di preciso non lo so...e non lo saprò mai, la mia mamma non c'era a proteggermi e a controllare, non poteva. E neanche il mio papà.
Soltanto poche ore dopo una nascita così ben giudicata, non si sa come, non si sa perché, le mie condizioni di salute vengono valutate decisamente diversamente .
La mia cartella recita così: condizioni generali scadenti. Cute pallida cianotica. A.C. toni validi, ma concitati e lievemente aritmici (paura?). Profondi rientramenti respiratori e notevole dispnea. Lamento (mbe'? Una bimba sana non si deve lamentare?). A.R. respiro ipotrasmesso, specie a sx (ma il reperto e' normale!)
ECCOLA, questa è una bimba piena di rabbia, il perché non so.
Il mio lamento, il mio battito cardiaco, il mio respiro, sono quelli di una bimba che cerca di comunicare un disagio.
Comunicazione evidentemente fraintesa (e inascoltata) perché la sentenza dei medici non mi ha lasciato scampo: quindici giorni di cella d'isolamento (incubatrice)!
Una bimba nata sana con la sua immensa fame di relazione e il suo bisogno di contatti caldi e avvolgenti, che non riesce a sfiorare il calore di un corpo umano nemmeno per un attimo e finisce nell'assenza totale di stimoli sicuri e positivi.
I racconti di mia madre, oggi, sono per me agghiaccianti!Lei non mi ha neppure vista! Figuriamoci toccata, abbracciata, contenuta...l'imprinting per me e' stato un optional! (vedi nota1)
La' dentro, confinata nella fredda solitudine, dapprima è stato sconforto e profonda tristezza, per l’ingiustizia subita, per quella punizione non meritata; lo conferma la notevole perdita di peso, annotata nella cartella clinica: come quando di fronte alle avversità non si vuol più andare avanti!
Poi probabilmente ha prevalso la voglia di vivere, la sensazione che doveva esserci dell'altro, che non potevo aver fatto tutta quella strada per questa tortura! E allora è stato un lento risalire la china fino alle "meritate" dimissioni.
Tutto questo senza mai poter avere il conforto della mia mamma e del mio papà. Erano anni in cui i bambini li facevano vedere “dal vetro” e solo per qualche minuto e i genitori che soffrivano anche loro dall'altra parte del vetro dovevano elemosinare l'attenzione di qualche medico per avere esili notizie.
Ironia della sorte proprio in quell’anno Leboyer pubblicava il suo famoso “Per una nascita senza violenza”.
Purtroppo i medici e le ostetriche del mio reparto, evidentemente, non avevano fatto in tempo a leggerlo!
Peccato.
Leboyer poi l'ho conosciuto davvero. Qualche anno fa, quando aspettavo il mio primo bimbo e ho avuto la possibilità di frequentare un suo seminario. Ho avuto anche la possibilità di fargli una domanda, ma lui non mi ha risposto, mi ha chiesto però com’era stata la mia nascita.
Gli ho raccontato dell'incubatrice.
Mi ha detto che ognuno di noi ha la sua storia e che le brutte esperienze vanno rielaborate per crescere e non portarne appresso i segni.
In effetti i segni di quella esperienza me li son portati dietro, eccome! Per anni da bambina ho avuto incubi ricorrenti e sensazioni fisiche definite e precise che mi spaventavano molto. Fino a quando quasi per caso (ogni tanto anche un po' di fortuna, eh!) qualcuno mi ha aiutato a decifrare e capire quei segni e quindi a iniziare a sciogliere quel nodo.
Ma ancora oggi, quel che non si sa della nascita o non si vuole sapere, è che le brutte esperienze vissute in un’epoca così precoce, ma non insensibile, si saldano nell'animo in un nodo stretto e serrato che tiene legata la propria forza di volontà a quella pervasiva sensazione di abbandono e di rifiuto, segnando a lungo la propria individualità.
"Abbandonarsi": come Ofelia, l'immagine del proprio Sé riflessa nell'acqua che si lascia portare via dalla corrente. |
Attraverso l'imprinting, per chi non lo sapesse, si instaura, poche ore dopo la nascita, il legame tra il neonato e chi si prende cura di lui. Questo legame se da un lato garantisce al piccolo maggiori possibilita' di sopravvivenza dall'altro permette allo stesso di "stampare"dentro di se' la rappresentazione del genitore e quindi (aggiungo io) di iniziare a costruirsi un'immagine di se'!
Quale confusa immagine si deve inizialmente creare, se l'imprinting avviene esclusivamente con una scatola di vetro rumorosa, fredda e desolata!
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