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venerdì 16 maggio 2014

Digito ergo sum o sum ergo digito?

Questo è il dilemma che negli ultimi tempi si ripropone ciclicamente in Rete all'attenzione degli esperti.

La ben nota frase di Cartesio cogito ergo sum che semplificando un po' (tanto!) esprime la certezza della esistenza sulla base della presenza di un pensiero, diventa oggi, con l'estrema diffusione dei nuovi media per la comunicazione, un punto di partenza per studiarne l'utilizzo.
I nuovi mezzi di socializzazione digitali, social network e blog in prima battuta, sono luogo di scambio di informazione e un mezzo per creare relazioni, comunicare e accrescere i propri contatti.
Avere una presenza in Rete diventa strategico per affermarsi: tra gli amici, sul lavoro, in generale nei propri gruppi di riferimento. Un passaggio essenziale per "esserci", per "esistere".

Infante in fascia e selfie!
Le polemiche in merito, come è immaginabile, sono diverse: quale tipo di esistenza viene rappresentata attraverso la presenza sui Social media?
Chi si affanna nella ricerca di approvazione attraverso followers e Like non condivide la sua totale realtà, ma piuttosto un focus ristretto sulle verità che mostra solo il lato positivo e piacevole, restituendo un'immagine monca e distorta della complessità umana. Chi mai andrebbe apertamente a condividere i propri dispiaceri, le ansie, gli sbagli o gli insuccessi?

Non a caso c'è chi solleva la questione dell'illusione delle relazioni, fenomeno strettamente collegato al meccanismo precedentemente descritto.
Veri guru del settore, come la psicologa sociale Sherry Turkle, nel suo famoso "Insieme, ma soli" ci mettono in guardia sulla inconsistenza dei legami creati attraverso l'impiego di mezzi tecnologici nella sfera delle relazioni umane. A dire il vero il pensiero di questa studiosa va ben al di là sostenendo che la ricerca del mezzo nasce proprio dall'esigenza di evitare il contatto reale (per difenderci dall'ansia che esso determina).

A tal proposito è interessante ascoltare la sua partecipazione al TED (disponibile con i sottotitoli in italiano).


E ancora più interessante e curioso è notare come anche questo messaggio o forse è meglio definirlo "monito", possa essere sfruttato e trasformato in un video virale e in una Fanpage di Facebook che richiamano molti...followers!


Digitare per esistere, dunque, sembra essere il grido all'unisono dei sostenitori del Social.

Dall'altro capo rispondono però quelli che sostengono che è preferibile digitare solo se hai veramente qualcosa da dire, qualcosa di originale, qualcosa di profondo, insomma esistere (prima) per digitare (dopo), per comunicare qualcosa di costruttivo per la società. Una posizione molto condivisibile, anche se per certi versi non rispecchia la democratica struttura del Web che si offre come opportunità creativa per chiunque abbia un messaggio da condividere di qualunque "profondità" esso sia!
Inoltre questo tipo di posizione non tiene conto dello strumento della comunicazione digitale come mezzo per costruire e organizzare, non già un sé immaginario di facciata per l'interazione con gli altri Internauti, ma proprio una reale identità sociale o professionale.
E' il caso dei blogger americani che hanno sfruttato questo "media" per affermarsi prima nella comunità virtuale come esperti di un determinato argomento per poi diventare dei professionisti nella vita reale.
Si tratta di esperienze declinate al digitale di quanto sostenuto da fonti autorevoli sul piacere di scrivere e raccontare di noi: il professor di filosofia dell'educazione Duccio Demetrio nel suo libro Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé:  sostiene infatti che «Quando ripensiamo a ciò che abbiamo vissuto, creiamo un altro da noi. Lo vediamo agire, sbagliare, amare, soffrire, godere, mentire, ammalarsi e gioire: ci sdoppiamo, ci bilochiamo, ci moltiplichiamo. Assistiamo allo spettacolo della nostra vita come spettatori: talora indulgenti, talaltra severi e carichi di sensi di colpa, oppure, sazi di quel poco che abbiamo cercato di vivere fino in fondo».


La mia posizione come spesso accade si colloca nel mezzo di questo continuum.

Siamo in un'epoca di transizione per quanto riguarda i mezzi di comunicazione e il cambiamento ci disorienta anche per la velocità con cui avviene (pensiamo al numero di iscrizioni nei social che ha avuto un incremento vertiginoso nel giro di pochi anni!)...dobbiamo forse ancora apprendere come utilizzare correttamente questi mezzi, quali sono i loro limiti, quali sono i lati oscuri dai quali proteggerci, ma sicuramente, e questa è esperienza comune, il contatto anche se non profondo, vero, tangibile, con amici e conoscenti lontani (nel tempo e nello spazio) e con persone sconosciute che condividono con noi la nostra passione, può offrirci nuove opportunità di crescita personale.

La linea di confine potrebbe essere nel non diventare schiavi dello strumento che pare orientato a richiedere sempre più approvazioni per potere fruire di maggiore visibilità e quindi maggiore successo, col rischio di rimanere impigliati nel meccanismo; ma nel piacere dell'atto creativo in se stesso e nella opportunità di condividerlo globalmente a beneficio di chi possa apprezzarlo.
Insomma, il detto pochi, ma buoni potrebbe fare la felicità anche nel Web!:)

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